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Fallimento impresa commerciale: sentenza requisiti per fallire


La recente ordinanza n. 14250/2016 della Corte di Cassazione ha decretato che per poter fallire non è necessario che si persegua uno scopo di lucro. Pertanto, il dettato dell’art. 2545-terdecies del Codice Civile è da leggersi in modo più puntuale, ricordando come disponga che le società cooperative possono essere oggetto di procedura fallimentare solo se svolgono attività commerciale, e cioè se perseguono il carattere dell’economicità attraverso la valutazione con parametri concreti e obiettivi, quale il lucro oggettivo (la proporzionalità tra costi e benefici).

Di contro, per i giudici della Suprema Corte non diventa indispensabile, ai fini dell’assoggettamento a una procedura fallimentare, il fatto che si sia spinti da uno scopo di lucro. Pertanto, anche il fine mutualistico può ben considerarsi compatibile con la forma di economicità spora esposta, e anche quando l’attività della cooperativa è destinata in maniera esclusiva ai soci.

La vicenda

La vicenda approda sulle scrivanie della Corte di Cassazione in seguito al rigetto del reclamo che era stato proposto alla Corte d’appello di Perugia contro la dichiarazione di fallimento pronunciata dal Tribunale di Terni. La società cooperativa protagonista del caso ricorre infatti in Cassazione, andando a contestare la violazione e la falsa applicazione della legge fallimentare (e in particolar modo degli articoli 5 e 15), oltre che del già ricordato art. 2545-terdecies del Codice Civile. Per la società, infatti, il carattere di mutualità prevalente, regolarmente accertato, doveva essere condizione sufficiente per escluderla dalla sottoposizione alla procedura fallimentare, considerando che con tale elemento veniva meno la possibilità di essere qualificati come imprenditore commerciale, ai sensi della normativa civilistica e fallimentare.

Scopo di lucro

Su tale vicenda la Cassazione è intervenuta dichiarando manifestatamente infondato il ricorso della società cooperativa, e rilevando che per poter riconoscere la qualità di imprenditore commerciale non è essenziale lo scopo di lucro (il c.d. “lucro soggettivo”, bensì la sola obiettiva economicità dell’attività esercitata, ovvero la ricerca di una proporzionalità tra i costi e i benefici (ovvero, il c.d. “lucro oggettivo”).

Sancito quanto sopra, la Cassazione si è poi soffermata sul fatto che il requisito del lucro oggettivo non è certamente incompatibile con il fine mutualistico proprio delle società cooperative, e può dunque essere ben presente anche in quelle cooperative che operano esclusivamente nei confronti dei propri soci.

In conclusione, ricorda ancora la Corte di Cassazione, la società cooperativa a finalità prevalentemente mutualistica, se svolge un’attività che può essere intesa come commerciale alla luce dei principi che sono stati affermati dai giudici di legittimità, può comunque essere assoggettata ad una procedura di tipo fallimentare, se si trova in uno stato di insolvenza, a sua volta potenzialmente ravvisabile nell’esistenza di una evidente sproporzione tra l’attivo e il passivo dello stato patrimoniale.


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