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Concordato preventivo per il colosso Mossi Ghisolfi


Il Gruppo chimico leader nel settore del PET in crisi

Il colosso piemontese della chimica Mossi Ghisolfi ha depositato domanda di concordato in bianco per le sue otto società italiane e presentato richiesta al governo per accedere dal primo novembre alla cassa integrazione straordinaria per un anno per tutti i 227 dipendenti di Biochemtex, centro di ricerca di Tortona, della M&G Finanziaria di Assago e dell’impianto di Crescentino (Vercelli). Da quanto anticipa Milano Finanza, il gruppo guidato da Marco Ghisolfi chiederà a breve anche negli Usa la protezione dai creditori nell’ambito di una procedura di Chapter 11.

Chiesto il concordato per le otto società italiane

Le otto società italiane del Gruppo, Mossi & Ghisolfi S.p.A., M&G Finanziaria S.p.A., Biochemtex S.p.A., Beta Renewables S.r.l., Italian Bio Products S.r.l., IBP Energia S.r.l., M&G Polimeri S.p.A. e Acetati Immobiliare S.p.A., si legge in una nota aziendale, hanno depositato al Tribunale di Alessandria ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo (articolo 161 della Legge Fallimentare), al fine di assicurare la tutela dei creditori. La decisione si inquadra nell’ambito della crisi del gruppo leader nell’innovazione applicata al settore del PET, dell’ingegneria e dei prodotti chimici rinnovabili derivati da biomasse non alimentari. "Le società - si legge nella nota - hanno allo studio un’ipotesi di piano e di proposta di concordato che consenta alla complessiva realtà aziendale la sua prosecuzione in continuità, non potendo tuttavia escludere, all’esito delle verifiche tecniche in corso, soluzioni alternative”.

Allo studio due piani di ristrutturazione del debito in Usa e in Italia

La Mossi Ghisolfi sta attualmente predisponendo due piani di ristrutturazione del debito, uno negli Usa e uno in Italia, per riequilibrare la situazione finanziaria e trovare nuovi investitori, preferibilmente tra soggetti industriali del settore, in grado di assicurare la continuità del business. Per le attività italiane, scrive Milano Finanza, il dossier è già allo studio dei principali fondi di private equity internazionali, ma anche di colossi industriali (si parla di Eni e Versalis). Fondata nel 1953 e controllata dalla famiglia Ghisolfi, l'azienda ha chiuso il 2016 con un fatturato di 1,7 miliardi di euro (dagli 1,83 miliardi del 2015) e un ebitda di 83,4 milioni (da 141,1 milioni).

Difficoltà finanziarie legate al progetto del maxi impianto in costruzione in Texas

Le difficoltà finanziarie del gruppo piemontese sembrano legate al progetto di Corpus Christi, in Texas, dove è in costruzione un mega impianto per la produzione di PET. Nel 2016 si sono registrate perdite per 55 milioni e un debito finanziario netto di 1,8 miliardi, in crescita sempre a causa del finanziamento dell’impianto Usa. Il debito della parte italiana ammonta a 500-600 milioni di euro, di cui circa 200 milioni verso le banche italiane (Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banco Bpm) e il resto verso investitori internazionali. Sul fronte Usa, invece, il debito bancario (in particolare verso BofA Merrill Lynch e Deutsche Bank) sarebbe di circa un miliardo di dollari.


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