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Marchi, all'asta fanno gola quelli anni '80


Dai fallimenti risorgono brand e brevetti pre-globalizzazione

Quali sono i marchi, i brand, che più fanno gola oggi, tanto da diventare oggetto di aste combattutissime all’ultimo rialzo? Quelli ancora non globalizzati, quelli distintivi e di nicchia, quelli ‘falliti e dimenticati’, caduti nell’oblio ma proprio per questo con grande appeal su intere generazioni che ne avevano vissuto l’epopea e con potenzialità commerciali per poter tornare sulla cresta dell’onda vintage. Magari, ma non diciamolo troppo ad alta voce, tali marchi confidano di risorgere proprio per diventare, un giorno, simboli di uno status quo mondiale e globalizzato. 

Caccia alle aste che trattano diritti di proprietà industriale e commerciale

Ma perché si va alla ricerca di marchi e brand da acquistare, spulciando tra le aste che trattano diritti di proprietà industriale e commerciale? Il perché è semplice. Tali diritti, infatti, costituiscono un importante asset e risorsa per le aziende, da coltivare e tutelare: il valore delle aziende, infatti, è oggi sempre più rappresentato da beni intangibili come il marchio, i brevetti, il design. Beni preziosi, dunque, che possono anche finire all’asta a seguito dell’apertura di procedure fallimentari e per i quali si scatenano sovente battaglie a colpi di rilancio tra imprese che vogliono risparmiare il più possibile nell'acquisto di proprietà intellettuali. I marchi, infatti, fanno spesso gola ad imprenditori in cerca di nuove strade e aperture alla diversificazione aziendale, nuove strade verso valori come autenticità e differenziazione che sovente si trovano guardano lo specchietto retrovisore, guardandosi alle spalle. 

Oggi i brand più ambiti sono quelli 'desueti'

I brand più ambiti sono infatti quelli pre-globalizzazione, quelli nati e affermatisi negli anni ’80 e primi ’90, quando il glocalismo, l’unicità, il particolare faceva più trend dell’essere ‘alla moda’ come è invece inteso oggi, in questo tempo post-globalizzato in cui da anni ci muoviamo. Oggi, imprenditorialmente, siamo tornati indietro. Per questo c’è un recupero dei marchi. Un consumatore che prende un brand desueto e lo indossa cerca un elemento di distinzione e viene premiato per il coraggio. È quello che il sociologo Pierre Bourdieu chiamava il gusto del difficile, è un elemento di status che aumenta il “capitale culturale” di una persona e quindi anche dell’azienda che lo rilancia. Se il ‘riscopritore’ ha successo ed è un trend setter, sarà imitato. E l’impresa, di conseguenza, fa bingo.

Proteggere un marchio

Proteggere un marchio, dunque, è di vitale importanza perché significa valorizzare i propri diritti di proprietà industriale e quindi la propria competitività. L’innovazione, la creatività, il know-how, la ricerca, ma anche l’aspetto estetico dei prodotti o il carattere attrattivo dei marchi: sono questi i fattori che consentono alle imprese di essere competitive in un mercato altamente concorrenziale come quello attuale.
 

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