Fallimento

Procedimento per la dichiarazione di fallimento


Procedimento ex art. 15 L.F. 

Il procedimento per la dichiarazione di fallimento, disciplinato dall’art. 15 L.F., si svolge dinanzi al Tribunale in composizione collegiale:
  • un Presidente,
  • un giudice Relatore;
  • ed un terzo giudice.
Le modalità del procedimento sono quelle tipiche e rapide dei procedimenti in camera di consiglio
Vediamo meglio la disciplina relativa al procedimento in oggetto. 
 
 
 

Fase prefallimentare 

Il Tribunale convoca, con decreto apposto in calce al ricorso, il debitore ed i creditori istanti per il fallimento; nel procedimento interviene il pubblico ministero che ha assunto l’iniziativa per la dichiarazione di fallimento.
In passato, la norma in oggetto rimetteva alla discrezionalità del tribunale l’instaurazione di un contraddittorio pieno con il debitore prevedendo che: “Il tribunale, prima di dichiarare il fallimento, può ordinare la comparizione dell’imprenditore in camera di consiglio e sentirlo anche in confronto dei creditori istanti”.
Il decreto di convocazione è sottoscritto dal presidente del Tribunale o dal giudice relatore, se vi è delega alla trattazione del procedimento.
E’, infatti, prassi dei tribunali delegare al giudice relatore la trattazione del procedimento, lasciando quindi al Collegio il solo ruolo di decidere sul fallimento.
La norma in oggetto indica il contenuto del decreto di convocazione. Nello specifico, al comma 4, è previsto che il decreto debba contenere l’indicazione che il procedimento è volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento: in questo modo si cerca di porre l’attenzione del debitore sull’importanza del procedimento stesso.
E’ stabilito, inoltre, che con il decreto viene fissato un termine non inferiore a 7 giorni prima dell’udienza per la presentazione di memorie e per il deposito di documenti e relazioni tecniche.
In ogni caso il Tribunale dispone che l’imprenditore depositi i bilanci relativi agli ultimi 3 esercizi, nonché una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata; può richiedere eventuali informazioni urgenti.
 

Notifica

Della notifica abbiamo già parlato in un precedente approfondimento a cui ci si riporta. 
Sinteticamente, è bene ricordare che il ricorso ed il decreto devono essere notificati, a cura della cancelleria, all’indirizzo P.E.C. del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti. 
Quando, per qualsiasi ragione, la notifica non risulta possibile o non ha esito positivo, la notifica del ricorso e del decreto avverrà a cura del ricorrente e si esegue “a mani” presso la sede risultante dal registro delle imprese. 
Quando la notificazione non può essere compiuta con queste modalità, si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso. 
 

L’udienza 

E’ previsto un termine entro il quale l’udienza deve essere fissata.
Come noto, infatti, a norma dell’art. 15 L.F., l’udienza è fissata non oltre 45 giorni dal deposito del ricorso. Detto termine non deve considerarsi perentorio. 
Il Legislatore ha stabilito, altresì, un termine a difesa per il debitore: tra la data della comunicazione o notificazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni. 
Il Presidente del tribunale, se ricorrono particolari ragioni di urgenza, può abbreviare i predetti termini con decreto motivato.
In questi casi, quest’ultimo può disporre che il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza siano portati a conoscenza delle parti con ogni mezzo idoneo, omessa ogni formalità non indispensabile alla conoscibilità degli stessi. 
Il tribunale può, inoltre, delegare al giudice relatore l’audizione delle parti. In tal caso, il giudice delegato provvede all’ammissione ed all’espletamento dei mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio. 
 

Tutela delle ragioni dei creditori 

Al fine di evitare che i tempi connessi all’istruttoria possano tradursi in pregiudizio per il patrimonio del debitore, con conseguente lesione delle ragioni dei creditori, il tribunale, ad istanza di parte, può emettere i provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell’impresa oggetto del provvedimento.
Nello specifico, si tratterà, presumibilmente, di sequestri conservativi ovvero, di pronunce inibitorie al compimento di pagamenti o di atti di disposizione del patrimonio pronunziate a carico del debitore.
Ovviamente, questi provvedimenti hanno efficacia limitata alla durata del procedimento e devono essere confermati o revocati dalla sentenza che dichiara il fallimento, ovvero revocati con il decreto che rigetta l’istanza. 
 

Soglia limite 

Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore ad € 30.000,00. 
 
 
 
 

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