Fallimento

Fallimento ditta individuale


In questo articolo esamineremo i presupposti, i limiti dell’assoggettabilità al fallimento della ditta individuale.

Il fallimento della ditta individuale è una procedura giudiziale azionata in tutti quei casi in cui l’imprenditore versi in stato di insolvenza e, dunque, non riesce a far fronte a tutte le obbligazioni assunte nell’ambito dell’attività imprenditoriale. Il fallimento ha sia la funzione di evitare che il patrimonio della ditta individuale venga sottoposto ad esecuzione sia di garantire la parità di trattamento di tutti i creditori che hanno diritto alla soddisfazione del loro credito. La soddisfazione dei crediti, in particolare, viene attuata distribuendo il ricavato dalla vendita dei beni della ditta individuale fallita.

Il fallimento della ditta individuale: presupposti

L’art. 1 della Legge Fallimentare stabilisce importanti presupposti (oggettivi e soggettivi) che devono concorrere affinchè una ditta individuale possa essere dichiarata fallita. In particolare, non tutte le imprese sono assoggettabili a fallimento. La Legge Fallimentare precisa che sono assoggettabili a fallimento quegli imprenditori che esercitano un’attività commerciale: sono esclusi i piccoli imprenditori, gli imprenditori agricoli e gli enti pubblici. E’ importante sottolineare che, ai fini dell’ammissione della ditta individuale alla procedura fallimentare, è necessario che essa abbia un ammontare di debiti (anche non scaduti) superiori a 500.000 euro. E’ escluso, inoltre, il fallimento della ditta individuale nel caso in cui essa abbia avuto, nei tre eserciti precedenti la data di deposito dell’istanza fallimentare:

  1.  effettuato investimenti nell’azienda per un capitale superiore ai 300.000 euro;
  2. realizzato ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo superiore a 200.000 euro. Tali ricavi devono essere calcolati in base alla media degli ultimi tre anni oppure dall’inizio dell’attività se essa sia iniziata da meno anni.

I limiti appena citati operanti ai fini dell’esclusione della ditta individuale dal fallimento, sono suscettibili di aggiornamento – ogni tre anni - secondo gli indici Istat. Altro limite che subordina la fallibilità della ditta individuale è lo stato di insolvenza. Un imprenditore versa in stato di insolvenza quando non è più in grado di adempiere alle obbligazioni assunte nell’ambito dell’attività imprenditoriale. Lo stato di insolvenza, in particolare, può estrinsecarsi attraverso comportamenti ed indici oggettivi come latitanza dell’imprenditore, mancato pagamento nonostante svariati solleciti, chiusura dei locali commerciali ed irreperibilità.

Il fallimento della ditta individuale: l’iniziativa

La Legge Fallimentare stabilisce che il potere d’impulso spetta al debitore (ovvero al titolare della ditta individuale), a uno o più creditori oppure al Pubblico Ministero. Tali soggetti dovranno presentare ricorso per la dichiarazione di fallimento da depositare presso la cancelleria del Tribunale in cui l’impresa ha la sua sede principale. Il titolare della ditta individuale dovrà – insieme al ricorso – presentare una serie di documenti come, ad esempio, eventuali ricevute di pagamenti, un certificato di visura della società, una copia dell’ultimo bilancio.

Fallimento della ditta individuale: il procedimento e la sentenza

L’art. 9 L.F. stabilisce che il fallimento viene dichiarato dal Tribunale del luogo in cui ha la sede principale l’impresa. Tutto il procedimento si svolge dinanzi al Tribunale in composizione collegiale. Ai sensi dell’art. 15 comma 2, il titolare della ditta individuale – insieme al creditore o ai creditori - viene convocato dal Tribunale in modo da garantire un corretto contraddittorio tra le parti. Con la sentenza dichiarativa di fallimento, il Tribunale fissa il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza in cui si procederà all’esame dello stato passivo. Entro il termine perentorio di 120 giorni dal deposito, inoltre, eventuali terzi o creditori potranno presentare le domande di insinuazione al passivo. Il Tribunale, infine, può disporre - con decreto motivato - l’esercizio provvisorio dell’impresa nei casi in cui la sua interruzione possa causare gravi pregiudizi ai creditori. La continuazione temporanea viene autorizzata dal Giudice delegato su proposta del curatore, acquisito il parere favorevole del comitato dei creditori. Nello stesso decreto il Tribunale può anche indicare la durata dell’esercizio provvisorio.

Fallimento della ditta individuale: gli effetti della sentenza nei confronti del fallito

La sentenza che dichiara il fallimento produce una serie di effetti sia nei confronti del titolare della ditta individuale fallita sia nei confronti dei creditori. La sentenza, in particolare, priva il fallito “dell’amministrazione e della disponibilità dei beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento. Il fallito perde la legittimazione processuale nelle controversie relative ai rapporti patrimoniali: in tal caso sarà il curatore a stare in giudizio. Il titolare della ditta individuale fallita, inoltre, avrà l’obbligo di consegnare al curatore tutta la propria corrispondenza e gli eventuali atti compiuti dal fallito saranno dichiarati inefficaci.


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