Fallimento

Fallimento del debitore principale e fideiussione: cosa può fare il creditore garantito?


La fideiussione

La fideiussione è il contratto mediante il quale un soggetto, il fideiussore, si obbliga personalmente verso il creditore, garantendo l’adempimento di una obbligazione altrui. 
Attraverso la fideiussione, quindi, si costituisce una garanzia personale ad opera di un terzo. 
La fideiussione può essere considerata quale obbligazione solidale accessoria: il fideiussore, infatti, è obbligato in solido con il debitore principale al pagamento del debito a meno che le parti non pattuiscano il beneficio dell’escussione.
La fideiussione con beneficio di escussione, invero, è disciplinata dall’art. 1944 c.c. al secondo comma. Secondo quanto stabilito dalla citata norma, le parti possono convenire che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima dell’escussione del debitore principale. In tal caso, il fideiussore che sia convenuto dal creditore e intenda valersi del beneficio dell’escussione deve indicare i beni del debitore da sottoporre ad esecuzione. 
Ciò detto, prendiamo in considerazione, nell’approfondimento di oggi, il caso di fallimento del debitore principale.

Scadenza immediata ed automatica

L’art. 55 l.f. disciplina gli effetti del fallimento sui debiti pecuniari. 
Come noto, secondo quanto previsto dalla citata disposizione al comma 2, in caso di fallimento i debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di dichiarazione del fallimento
Tale scadenza automatica dei debiti opera sia per le obbligazioni soggette a termine ma non ancora scadute, sia per quelle per le quali non è previsto un termine. 
Ci si è chiesto se la scadenza immediata ed automatica dei debiti pecuniari del fallito possa riguardare anche l’obbligazione del fideiussore.
Secondo quanto enunciato con una recente pronuncia dalla Suprema Corte di Cassazione “Il fallimento del debitore principale determina la scadenza automatica del debito garantito da fideiussione ai sensi dell'art. 55, comma 2, l.fall., sicché dalla data della dichiarazione di fallimento decorre il termine entro cui il creditore deve proporre le sue istanze contro il debitore, ai sensi dell'art. 1957, comma 1, c.c., per fare salvi i suoi diritti nei confronti del fideiussore.
Orbene, la Corte con sentenza n. 24296/2017 ha ritenuto estendibile anche al fideiussore l’effetto previsto dall’art. 55 l.f., poiché la sua obbligazione è accessoria rispetto a quella principale. 
L’apertura del fallimento determina, infatti, una modifica legale dell’obbligazione principale che si estende all’intero rapporto e quindi produce effetti pure nei confronti dell’obbligato in solido. 

Nei confronti di chi è necessario agire? 

Come anticipato, dalla dichiarazione di fallimento inizia a decorrere il termine semestrale di decadenza indicato dall’art. 1957 c.c., entro il quale il creditore deve promuovere le proprie istanze.
Nei confronti di chi è opportuno proporle?
A tal fine occorre distinguere l’ipotesi di fideiussione solidale o fideiussione con beneficio di escussione
  • in caso di fideiussione solidale, disciplinata dall’art. 1944, 1 comma c.c., il creditore ha la facoltà di scelta, ossia nel termine semestrale di decadenza previsto dall’art. 1957 c.c., lo stesso può promuovere le sue istanze indifferentemente nei confronti del debitore principale o del fideiussore mediante domanda di ammissione al passivo del fallimento o nelle forme ordinarie nei confronti del garante. 
  • in caso di fideiussione con beneficio di escussione, disciplinata dall’art. 1944, 2 comma c.c. se il debitore principale fallisce il creditore garantito, per evitare la decadenza dalla fideiussione prevista dall'art. 1957, primo comma, cod. civ., non potendo più assumere iniziative individuali, deve proporre istanza di insinuazione al passivo fallimentare nel termine semestrale previsto dallo stesso art. 1957 cod. civ., decorrente dalla data di apertura della procedura concorsuale. 
 

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