Espropriazione

Rinuncia agli atti esecutivi: obbligo immediato del creditore?


Il caso discusso 

Il caso trae origine da un soggetto (debitore) che conveniva in giudizio un istituto di credito affermando che il proprio immobile era stato sottoposto ad esecuzione forzata dalla banca stessa la quale nonostante l’integrale pagamento del debito e una diffida scritta alla cancellazione del pignoramento e dell’ipoteca, aveva depositato rinuncia all’espropriazione e provveduto alla cancellazione dell’ipoteca solamente 3 mesi dopo la diffida. 
Orbene, nell’approfondimento odierno, ci si è chiesto se il creditore debba provvedere immediatamente o meno al deposito della rinuncia agli atti esecutivi. 
 

Liberazione dalle garanzie

Secondo quanto disposto dall’art. 1200 c.c. il creditore che ha ricevuto l'integrale pagamento deve consentire la liberazione dei beni dalle garanzie reali (pegno e ipoteca) date per il credito e da ogni altro vincolo che comunque ne limiti la disponibilità, ricomprendendo quindi anche il pignoramento immobiliare. 
La citata norma è dettata a tutela del debitore, il quale una volta che ha adempiuto il proprio debito, ha diritto di riavere i propri beni liberi da vincoli pregiudizievoli non più giustificati. 
In favore del debitore, infatti, sussiste un diritto all’assenso alla cancellazione dell’ipoteca.
Nell’espropriazione forzata il consenso ex art. 1200 c.c. del creditore prende la forma dell’atto processuale codificato dall’art. 629 c.p.c. e, cioè, della rinunzia agli atti esecutivi. 
La legge, tuttavia, non fissa un termine per la presentazione della rinuncia al giudice dell’esecuzione.
Pertanto, il creditore è tenuto ad agire tempestivamente considerando le circostanze concrete ed, in particolare, lo stato del processo esecutivo pendente cercando di evitare all’esecutato un irreparabile danno. 
In capo al creditore, quindi, sussiste un vero e proprio obbligo alla rinuncia agli atti esecutivi, una volta ottenuto l’integrale pagamento del debito, ma non sussiste un obbligo di immediatezza, ad eccezione del caso in cui l’esecutato non pretenda la cancellazione dell’ipoteca in tempi rapidi, nel qual caso è necessaria una formale richiesta scritta. 
A riprova di quanto detto, infatti, è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione che con sentenza n. 27545/2017 ha statuito che: “per consentire la liberazione del bene immobile dagli effetti pregiudizievoli del pignoramento, il creditore che è stato soddisfatto, deve rinunciare agli atti esecutivi, senza necessità di alcuna sollecitazione da parte del debitore ed entro un termine ragionevolmente contenuto, sempre che l'esecutato non esiga espressamente un immediato deposito dell'atto di rinunzia.
Gli Ermellini hanno proseguito, infatti, affermando che a norma dell’art. 1183 c.c. l’esecutato potrebbe esigere immediatamente il deposito della rinuncia del pignorante, anche rappresentandogli circostanze che determinano l’urgenza di estinguere la procedura e di ottenere la cancellazione della trascrizione del pignoramento. 
In difetto di atto di rinuncia da parte del creditore, l’esecutato può proporre opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. 
 
 
 

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